Siamo entrati in un’altra Quaresima di pandemia, e sembrerà strano, ma il primo argomento che la Parola di Dio tratta nella prima domenica è quello del diluvio universale. Della rovina della creazione che Dio aveva fatto così bella; del dramma del mondo, che ha rischiato di naufragare: di essere travolto a causa del peccato. Dei singoli e di tutta l’umanità.
Il diluvio universale del nostro tempo è la pandemia, e quindi non c’è niente di più attuale. Quante volte, infatti, sentiamo dire: “Questo castigo ce l’ha mandato Dio, perché siamo talmente cattivi che non poteva non punirci!”. Ebbene il Libro della Genesi ci dice esattamente il contrario; ci dice chiaramente che non è vero: che anche questa pandemia non ce l’ha mandata Dio! Dio non manda nessuna punizione, perché – come dice il profeta Ezechiele – “non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva”. Anzi, dopo il diluvio Dio ha mandato addirittura l’arcobaleno; un segno di amicizia, dicendo a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi: (…) non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra».
Sì, il Signore si è impegnato a non a dare all’umanità quel che si merita, ma a salvarla. Perché, anche se non ha mandato il coronavirus, è più potente di ogni virus, e può liberarci da questa peste. E, d’altra parte, anche noi possiamo chiedere che ce ne scampi e liberi, attraverso la preghiera umile e fiduciosa. Ne potete trovare una anche nelle nostre chiese, rivoltagli per l’intercessione della Madonna di Gallivaggio.
Il poeta, che ha composto questo testo, lo immagina l’arcobaleno anche come uno strumento militare; proprio cioè come se fosse l’arco col quale Dio scaglia le sue frecce contro l’umanità. Ma adesso ha detto: basta! “Pongo il mio arco sulle nubi…”.Come a dire: non faccio più guerra all’uomo! Nonostante sia peccatore, non voglio distruggerlo. E difatti l’arcobaleno, se noi lo immaginiamo come un arco, lo vediamo puntato verso il cielo, non verso la terra; per dire, appunto, che Dio rivolge il suo arco di combattimento contro se stesso. Non lo punta contro di noi. Non vuole più colpirci per il nostro peccato, ma prenderlo su di sé, per salvarci dalle sue conseguenze disastrose. L’ultima parola, dunque, non è la distruzione. Al contrario: Dio ci salva da questa tragedia!
Iniziamo, allora, il cammino della Quaresima, contemplando questo splendido fenomeno naturale dell’arcobaleno. Noi lo vediamo a volte quando è finito il temporale.
“Dopo la pioggia viene il sereno, brilla in cielo l’arcobaleno”, dice questa simpatica filastrocca di Gianni Rodari. Le nuvole scure si diradano, si aprono e vi compare sopra questo magnifico arco, che, lasciando intravedere i colori della luce, diventa un segno di speranza e di novità.
Siccome l’arcobaleno riflette la forma del cielo, gli antichi pensavano che il cielo fosse a forma di cupola, e vi vedevano il segno della benevolenza di Dio con tutta l’umanità, dopo il disastro del diluvio. E’ un po’… come se Dio avesse deposto l’arco di combattimento e lo avesse appeso alle nuvole, per dire che non combatte più. La tempesta è passata; il peccato è perdonato.
Ogni volta, dunque, che ci capiterà di guardare l’arcobaleno, noi dobbiamo pensare: “Nonostante il nostro peccato, Dio è dalla nostra parte. Anche il male peggiore non è più forte di Dio”. Dio si è impegnato a darci la vita: a conservare la bellezza del creato. L’ha detto e lo farà, perché, quello che dice, lo mantiene. Sempre. Lo dice, infatti, perché ci vuol bene; per cui… non ci lascerà annegare nel nostro “diluvio”. E allora, anche se abbiamo paura di tante cose e molte notizie ci creano angoscia e ci fanno dire “dove andremo a finire? Che cosa ci potrà mai capitare?”, fidiamoci di Dio: lasciamo fare a Lui! Buona Quaresima
don Pietro